Come e perché "Attivecomeprima"
di Ada Burrone
Presidente e fondatrice di Attivecomeprima. Autrice di alcuni dei testi base per il lavoro nei gruppi e di diverse altre pubblicazioni. Conduce, insieme a Paola Bertolotti, i gruppi di sostegno psicologico.
Era una bellissima giornata di sole della primavera dell'anno 1970, un bel venerdì 17!
Dallo spogliatoio dell'ambulatorio ove qualche giorno prima ero stata sottoposta a un piccolo intervento chirurgico per biopsia al seno destro, mi giungeva la voce sommessa del medico che comunicava a mio marito la "sentenza" che riguardava me.
"È un cancro" diceva "bisogna intervenire subito e asportare la mammella. A sua moglie non si può dire la gravità; le diremo che l'intervento va fatto perché, con il tempo le cellule infiammate potrebbero degenerare".
Svestita a metà busto; pronta a togliere i punti alla ferita, irruppi nella stanza irritata e sconvolta.
Avevo sentito bene: ero io l'interessata e chiesi quindi che la spiegazione fosse data a me in modo chiaro e sincero.
Purtroppo non fu così.
Mi venne consegnato un foglio sul quale c'era scritto, tra l'altro, "nulla di maligno".
Capii bene l'inganno programmato.
Lo capii talmente bene che, non ricevendo la risposta che chiedevo scarabocchiai istintivamente quel foglio e tacqui anch'io.
Tacqui per due ragioni: la prima perché fuori ad attendermi c'era Maurizio, il mio ragazzo dodicenne coraggioso e dal cuore grande, la seconda ragione era che quella menzogna doveva contenere una realtà talmente grave, da non lasciar spazio nemmeno a un po' di speranza e quindi insostenibile.
Inutile allora cercare "alleati" tra chi non possiede speranza.
Ero sola a combattere la mia battaglia davanti al bivio della vita e della morte.
I miei pensieri e il mio cuore non trovavano pace: mi sembrava persino più facile rassegnarmi alla sorte e lasciarmi morire che vivere così perseguitata dall'incognita del domani.
Impotente davanti a questa realtà incontrollabile, ho toccato il fondo dell'angoscia e della disperazione. Ricordo le notti insonni e i giorni chiusa in me stessa, lontana da tutto ciò che mi circondava.
Nonostante questo il mio fisico rispondeva bene ma capivo che nessuno, tranne me, poteva farmi uscire dal vittimismo e dalla rinuncia e trovare il coraggio di vivere.
Ho lottato contro i pensieri nefasti dal momento in cui ho preso coscienza che lasciando spazio all'idea della morte stavo già rinunciando a vivere.
Gradualmente e con fatica ho trovato la forza di affrontare la paura, di accettarla, di guardare avanti.
Cambiando rotta ai miei pensieri, cambiavo la mia vita: ora ascoltavo il mio cuore, mi accettavo, mi perdonavo, mi concedevo di gustare l'attimo in modo nuovo, volevo realizzare i miei desideri. Stavo imparando a prendere in mano la mia esistenza che, pur tra i suoi alti e bassi, aveva per me un valore nuovo.
Sentivo aumentare la speranza nel domani, la fiducia in me stessa e negli altri e il piacere di esistere.
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